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    03/07/2024

Polveri sottili, monitoraggio ambientale e misure di prevenzione

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Attualita11_arpac_lab.jpgNAPOLI – Purtroppo l'anno trascorso ha registrato perduranti criticità nella qualità dell'aria, in particolare per le polveri fini (PM10), in molte parti della Campania tra cui i capoluoghi Avellino e Benevento, secondo un trend comune a larga parte del territorio nazionale, nonostante la stessa sfortunata annualità 2020 sia stata parzialmente interessata dalle misure restrittive di lookdown connesse all'emergenza epidemiologica che avrebbero dovuto determinare un alleggerimento delle pressioni inquinanti (effettivamente registrato per i gas - e in particolare il monossido di azoto (NO) - ma non per il particolato).

Il tema dell'inquinamento atmosferico nelle città italiane è così attuale e vessante da richiedere continui ed attenti aggiornamenti ed è ormai necessario passare dall'analisi dei dati di monitoraggio alla concreta adozione delle misure e dei provvedimenti di mitigazione, attivando tutte le possibili iniziative correttive multilivello, sia di carattere strutturale che ad effetto contingente, anche riprendendo quanto utilmente già avviato (come, ad esempio, il protocollo di area vasta dell'hinterland di Avellino promosso dall'ex commissario straordinario del capoluogo prefetto Priolo e, prima di lui, dall'assessore Penna).

Per definizione l'aria è una miscela eterogenea di gas e particelle, che si modifica nello spazio e nel tempo per cause naturali e non, ed il suo inquinamento è determinato dall'immissione di agenti fisici, chimici e biologici, che ne alterano la composizione. Le nostre attività di monitoraggio riguardano la parte più bassa della troposfera, cioè quella a diretto contatto con la superfice terrestre: la cosiddetta "aria ambiente" – come definita dalla normativa europea – o outdoor, per distinguerla da quella presente invece all'interno degli edifici (aria indoor).

Le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (Arpa), che nel loro insieme costituiscono il sistema nazionale, monitorano la qualità dell'aria con criteri e metodologie uniformi avvalendosi di 530 stazioni di rilevamento dislocate su tutto il territorio italiano, mediante una rete di centraline fisse integrate da un certo numero di laboratori mobili e stazioni dedicate di rilevamento. Esse registrano, attraverso un capillare sistema di analizzatori e campionatori della qualità dell'aria, oltre a sensori meteo, i dati resi disponibili sia al pubblico – ai fini di una trasparente e completa informazione ambientale – che alle autorità locali (sindaci), per l'adozione dei provvedimenti di competenza, oltre che come supporto di conoscenza tecnica alle decisioni ed alle politiche di area vasta delle Regioni e degli enti territoriali.

Il controllo dei parametri relativi alla qualità dell'aria, in conformità al D.lgs. n. 152/2010, rappresenta una delle essenziali attività di monitoraggio svolte dall'Arpa Campania, che gestisce una rete modernamente potenziata nel 2014, attraverso 36 centraline fisse, cinque laboratori mobili – di volta in volta dislocati per le campagne straordinarie – oltre ad alcune centraline fisse di soggetti terzi.

La rete attuale è posizionata in punti baricentrici del territorio per garantire capillarità di rilevazione e lettura sistematica nei punti sensibili - in coerenza con la zonizzazione regionale - ed oggi l'Agenzia sta realizzando un progetto di ulteriore affinamento e potenziamento qualitativo del monitoraggio dell'aria "ambiente" puntando ad obiettivi di speciazione del particolato. Sono inoltre attive in Campania dieci centraline fisse dedicate, installate in prossimità degli impianti di trattamento dei rifiuti (reti Stir-ex Cdr), che forniscono utilissime misurazioni aggiuntive di supporto all'interpretazione dei fenomeni evolutivi della qualità dell'aria su scala regionale.

Oggi il profilo più preoccupante è costituito dalle concentrazioni di PM10, materiale particolato aerodisperso – determinato dalle emissioni dei riscaldamenti, delle attività produttive (industriali, agricole, zootecniche), dei fenomeni di attrito su strada, ecc. - su cui si concentra la preoccupata attenzione degli studi epidemiologici, che ne focalizzano gli effetti sicuramente dannosi sul piano sanitario.

I parametri di valutazione sono rappresentati dai vincolanti limiti di legge, la cui inosservanza costituisce anche fonte di potenziale responsabilità giuridica per gli amministratori, e dai valori di riferimento - non vincolanti ma più stringenti - indicati dall'Organizzazione mondiale della sanità ed acquisiti anche dall'Onu e dall'Unione europea com obiettivo tendenziale per il 2030. La normativa europea vincolante in Italia prescrive che la media giornaliera delle polveri fini non debba superare i 50 microgrammi al metro cubo e che le giornate di sforamento di tale soglia non possano superare le 35 annue rispetto al più severo ma solo indicativo valore Oms secondo cui non sarebbero ammissibili più di tre superamenti all'anno.

In Italia le polveri PM10 hanno registrato, per tutto lo scorso anno, un incremento per gli sforamenti del limite giornaliero, con un primato negativo generalmente conseguito dalle regioni del bacino padano – la macroarea tradizionalmente più inquinata anche per la concentrazione delle pressioni – e, in particolare, della Lombardia, del Veneto, dell'Emilia Romagna, del Piemonte ma anche della Campania. Dai dati di monitoraggio delle agenzie ambientali si conferma una condizione di significativa criticità, in ordine alle concentrazioni di polveri sottili inquinanti – di origine antropica ma anche naturale – per la quale il nostro Paese è da tempo sotto osservazione ed è stato anche sanzionato (con recente sentenza del novembre 2020), per i superamenti giornalieri riferiti al periodo 2008/17.

I mesi invernali, che sono quelli di intenso utilizzo dei riscaldamenti, registrano il più frequente superamento del fatidico parametro di legge dei 50 microgrammi al metro cubo, in molte aree del Paese e della Campania, laddove gli sforamenti si verificano soprattutto nelle giornate di stagnazione atmosferica, determinata dalla micidiale combinazione di scarsa ventilazione, alta pressione, bassa temperatura ed assenza di precipitazioni. Tali condizioni meteoclimatiche favoriscono l'incremento delle polveri fini nell'aria e sono particolarmente ricorrenti innanzitutto nella macroregione padana, circondata dall'arco alpino ed appenninico ma anche in molte altre parti d'Italia, in particolare nelle zone pianeggianti dell'entroterra, nelle valli sub-alpine e sub-appenniniche e quindi nelle aree con conformazione geomorfologica a conca – come Avellino e Benevento – dove, per effetto delle alture circostanti e del fenomeno della "inversione termica", si verifica facilmente il cosiddetto "effetto-catino".

Uno studio di approfondimento dei monitoraggi svolto dalla direzione tecnica di Arpa Campania nel periodo di più stretto lockdown  (marzo 2020), ha rilevato gli effetti delle misure di restrizione rispetto alle concentrazioni inquinanti, registrando un calo evidente soprattutto dei gas in particolare il monossido di azoto (NO) - le cui emissioni dipendono soprattutto dai traffici stradali – ma non per le polveri sottili ed ultrasottili (PM10 e PM2.5), determinate prevalentemente dalle emissioni di camini e caldaie. Il report pubblicato sul sito Arpac rappresenta una delle indagini più dettagliate oggi disponibili a livello istituzionale per indagare gli effetti ambientali dei provvedimenti Covid-19 del 2020, provando a distinguere quanto ha inciso il calo delle emissioni da traffico veicolare e quanto, invece, potrebbe dipendere dai fattori  meteo, anche con l'utilizzo dell'apposita modellistica.

In definitiva alcune delle sorgenti principali di particolato, come gli impianti di riscaldamento alimentati a biomassa e le attività agricole zootecniche – rilevanti per l'emissione di sostanze da cui si possono formare particelle in atmosfera – non sono state interessate dalle misure di lockdown. Per le polveri fini i dati peggiori in Campania hanno riguardato Avellino e Benevento ma anche numerose altre località di tutte le province, come San Vitaliano, Volla e Casoria (Napoli), Aversa (Caserta), Nocera Inferiore (Salerno) ed altre.

A fronte di questi elementi, a valle delle campagne di monitoraggio istituzionale svolte dall'agenzia ambientale in modo già articolato ed analitico, occorre – più che ipotizzare nuovi possibili studi – adottare al più presto provvedimenti incisivi, sia di breve che di medio-lungo periodo, e di livello comunale e soprattutto su più ampia scala, attraverso collaborazioni intercomunali di area vasta. Essi devono essere in grado di incidere in modo organico e sinergico non solo sulle emissioni determinate dai trasporti su strada (anche con il miglioramento della performance ambientale del parco circolante) ma anche su quelle causate dalla combustione di biomasse, e quindi dal sistema dei riscaldamenti, e dall'insieme delle pratiche agricole, produttive e zootecniche.

*Direttore generale Arpac

 

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