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    03/07/2024

L’occhio sulla città/Noi che al tempo del coronavirus

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Attualita_torre_orologio.jpgAVELLINO - “Noi rapiti dalla paura, obbligati alla solitudine”.

“Noi nelle mani della scienza, noi grati alla scienza”.

Noi ingabbiati in digiuni non scelti, frutto di  prescrizioni necessarie.

Noi figli del globale che al “mostro” ha offerto il  viaggio dall’oriente.

Noi che ora, al mostro, diciamo persino grazie perché, facendo appello al senso di responsabilità e alla coscienza individuale, restiamo in casa e, al tepore del focolare domestico, rafforziamo la nostra geografia degli affetti.

Noi che non cantiamo più nei cori delle chiese, noi che non spingiamo più alle code, e per un caffè, un  aperitivo o una pizza tra amici “misuriamo il metro”.

Noi “gente semplice di  un paese in guerra, che il pericolo modifica e semplifica gli approcci”.

Noi che epidemia, pandemia, contagio ci riportano indietro nel tempo e nella storia, riaccendendo ansie antiche.

Noi che da par nostro, ci sosterremo con clemenza ed efficienza.

Noi che ritorneremo presto a riempire cinema, teatri, aziende e torneremo ad affollare le nostre piazze a festa per ritrovare il gesto automatico di una stretta di mano, l’affetto gioioso e consolatorio di un abbraccio.

Noi che riguarderemo presto con stupore all’azzurro del nostro splendido mare.

Noi che il futuro non sarà più quello di una volta, e della paura di oggi faremo la forza di domani.

Noi che presto torneremo a ridere, a sorridere.

Noi che purtroppo, anche in un momento così delicato, Avellino con la sua movida, lo scorso weekend, riesce a distinguersi per superficialità d’approccio: c’è timore d’esser contagiati ma non la consapevolezza di poter essere veicolo di contagio.

Noi che ci adeguiamo alle ultime recenti decisioni del governo.

Noi che auspichiamo maggiore decisionismo da parte  del nostro sindaco, primo riferimento istituzionale cittadino, sulla scorta anche dell’attivismo di un governatore che ha sempre reso la forza dei  fatti, tratto distintivo del suo agire.

Noi che amiamo la letteratura italiana e, dunque, Leopardi è tra i gelosi libri di casa:

“ecco il sol che ritorna, ecco sorride

per li poggi e le ville. Apre i balconi, i terrazzi e le logge la famiglia: e, dalla via corrente, odi

lontano il tintinnio di sonagli; il carro stride

del passegger che il suo cammin ripiglia”.

Perché all’alba vinceremo.

 

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