AVELLINO – Chi scrive è troppo giovane per ricordarlo ma è storia che nel 1980 Avellino ha dovuto fronteggiare un devastante terremoto. In effetti basta fare una passeggiata per le strade del centro e non solo per trovare visibili riscontri di tale circostanza, per osservare una città ancora ferita, lacerata. Ci si trova di fronte a cantieri avviati e poi inspiegabilmente interrotti, come ad esempio Palazzo Sandulli al Corso Vittorio Emanuele, il rudere che fino a qualche tempo fa ospitava un famoso bar o ancora, palazzo Valentino ormai da tempo "imbracato" , che, peraltro, ricordo, al suo interno ospita una scalinata del Vanvitelli. Non va dimenticato, inoltre, il numero elevato di palazzi terminati ed anche in questo caso inspiegabilmente dichiarati inabitabili.
La domanda allora è sempre la stessa: perché accade tutto questo? Che fine hanno fatto i fondi post-sisma destinati proprio al recupero, al restauro o alla ricostruzione di questi palazzi?
Non si possono ancora accettare, a ben 35 anni dal sisma, rimpalli di responsabilità, litigi, rivendicazioni o peggio strumentali confitti di competenze.
La soluzione non può e non deve essere di risolvere il problema, eludendo il problema. Occorre, dunque , una "reazione civica": il sindaco e le varie autorità competenti, pensino a stilare un piano di garanzia sui tempi, questa volta, lo speriamo, davvero certi della consegna dei cantieri sopracitati.
Solo così si potrà assicurare quell'unità d'immagine e di decoro che permetterà alla nostra città di proiettarsi nel futuro e, finalmente, lasciarsi alle spalle quel nebuloso e triste passato di cui purtroppo ahi noi, ancor oggi conserva retaggio.
Convinti della sensibilità della civica amministrazione garantiamo anche su questo tema un occhio vigile ad attento.