AVELLINO – L'occhio sulla città di questa settimana guarda al mondo del calcio e vuole proporre ai suoi lettori alcune riflessioni, indotte anche dagli ultimi fatti di cronaca, che pure hanno lambito la nostra città ed il nostro Avellino.
Quello calcistico è un mondo che ormai da tempo mostra crepe e fragilità che se non "risanate", finiranno per renderlo sempre più debole, indifeso ed indifendibile: pesano, in modo particolare, il troppo danaro che gira intorno a questo sistema, la "legge "Bosman" che ha concesso ai club la possibilità di un'alta acquisizione di calciatori stranieri, penalizzandone fortemente i vivai, anch'essi sempre più straordinariamente aperti all'accoglienza di atleti non italiani. Ma è soprattutto la violenza che ne sta stravolgendo l'essenza, a trasformare lo stadio, da luogo inclusivo, di gioia, aggregazione e sana passione, in un involontario scenario di spettacoli indegni in cui scaricare strumentali frustrazioni, sterili rivendicazioni o vendette. Per tutto questo occorre un'inversione di tendenza, si provveda a scrivere rapidamente per il calcio regole nuove e soprattutto certe che mirino a favorirne finalmente solo la spettacolarizzazione del sano e del bello.
Intanto, impegniamoci per un calcio più credibile, anche agli occhi del tifoso spettatore: i calciatori, siano "onesti" in occasione di un fallo subito e nel contempo si consenta loro di esultare dopo un gol, anche sfilando la maglietta, senza più incorrere nel rischio di una squalifica. É quanto successo, ad esempio, domenica a Konè allo stadio Partenio Lombardi: il gesto priverà l'Avellino delle prestazioni del centrocampista nella gara di oggi con il Bologna, gara che potrebbe essere fondamentale per il discorso play off.
Mantenere ancora in vigore una norma del genere appare come una forma di repressione forzata di un istinto, una limitazione della libertà altrui. Qualcuno potrà obbiettare che esultare sfilando la maglietta è poco decoroso, ma a chi lo fa rispondiamo che il brutto del calcio è altro e che non è certo da ricercare in un gesto innocuo e assolutamente non lesivo.
Vogliamo davvero il bene del calcio, che qualcosa cambi? Perché tutto questo possa accadere, a nostro avviso, c'è bisogno di un profondo lavoro sinergico tra la Figc, la lega di serie A e di serie B, i club e soprattutto i media, che dovranno diventare primi promotori di un'autentica quanto auspicabile "rivoluzione educativa" nel mondo del pallone.
Se e quando nascerà, nella coscienza di ognuno, una nuova "cultura del calcio" in cui a dominare saranno finalmente solo i veri valori dello sport, della sana competizione, certo ma anche e soprattutto della condivisione, allora saremo pronti a risentirci per ringraziare quanti ci saranno riusciti.
Il calcio e ancora giovane e bello, non lasciamolo morire! Uniamo, piuttosto, le nostre forze per accompagnarlo, una volta per tutte, nella modernità. Perché, in fondo, compito di un giornalista è anche quello di saper proiettare impegni nel futuro.