CARIFE - Ciucce pe’ ghiastumuà, mule pè caricà, e cavadde pè cammenà (Asini per bestemmiare, muli per caricare, cavalli per camminare) - Gli equini hanno accompagnato l’uomo, nel lavoro, fin dalla più remota antichità. Dopo la domesticazione del Neolitico, l’asino, il mulo e il cavallo sono sempre stati utilizzati per il lavoro dei campi e per il trasporto. Ovviamente, col passare del tempo, ognuno di questi animali ha messo in mostra quelle che erano le sue caratteristiche più importanti. All’uomo nulla è sfuggito e, osservandoli con sempre maggiore attenzione, ha stabilito una sorta di graduatoria sia per l’intelligenza, sia per la forza.
Così, l’asino è risultato il più cocciuto e il più refrattario ai comandi. Durante l’utilizzo, questo animale spesso si impunta e non vuole andare più avanti. E non lo spostano neanche le bastonate. Per questo, a volte, provoca un enorme fastidio che porta chi lo guida a imprecare in maniera violenta. Il mulo, pur essendo fortemente imparentato con l’asino, è sicuramente più forte. Quando nella sua natura prevale la parte asinina non sempre obbedisce ai comandi (si dice infatti “cocciuto come un mulo”) ma trasporta con facilità carichi pesanti. È più obbediente e più veloce quando prevale la natura cavallina. Il cavallo è tutt’altra cosa. Più elegante e più veloce, è sicuramente più intelligente e obbediente, anzi è capace di interpretare alla perfezione la volontà del padrone.
Il proverbio mette in risalto le qualità e i difetti di questi tre quadrupedi nel rapporto con l’uomo.