CARIFE - In mancanza r'uòmmini rabbène fécero a tata sìnico (In mancanza di uomini dabbene, fecero mio padre sindaco) - La funzione di primo cittadino, quando ancora non c'era il suffragio universale, veniva solitamente assegnata a personaggi importanti del paese, provenienti da famiglie agiate, istruiti, capaci di operare scelte sagge e di difendere e far progredire la propria comunità.
Qualche volta, però, capitava che non ci fossero cittadini, con queste qualità, disposti ad assumere la carica e a prestare la loro opera per il bene del paese. Allora si era costretti a scegliere qualcuno che, pur essendo un uomo onesto e retto, un eccellente artigiano o un commerciante astuto, non aveva la minima dimestichezza con l'amministrazione della cosa pubblica o magari non era in grado di utilizzare perfettamente la scrittura.
Si comprende facilmente che il ripiego su una tale scelta non produceva i frutti sperati, ma frenava la crescita socio-economica della comunità.
Il proverbio forse ripropone l'espressione ingenua di un figlio che prova a giustificare il padre che, senza averne le minime qualità, era stato chiamato a fare il sindaco.
La giustificazione, ovviamente, doveva aver fatto seguito a critiche che, con molta probabilità, mettevano a nudo la incapacità di amministrare del genitore, di prendere decisioni o di non saper rispondere a tono alle richieste dei paesi vicini.
Nonostante i tempi siano cambiati, questo proverbio conserva tutta la sua validità e viene ancora pronunciato in moltissimi paesi. Anzi, proprio oggi, assume maggior valore.
Molto spesso, specialmente nelle piccole comunità, arrivano a gestire la cosa pubblica persone che non hanno la minima competenza e che, il più delle volte, non hanno neanche il tempo per impegnarsi a promuovere il bene comune.
Alcuni si battono fino allo stremo per ricoprire le cariche più remunerate, anche se poi non riusciranno a dare alcun contributo per promuovere la crescita della comunità.
