www.giornalelirpinia.it

    03/07/2024

Sica, quell’antico maestro che rivoluzionò l’arte del ferro battuto

E-mail Stampa PDF

Giovanni SicaAVELLINO – Il 10 novembre ricorre il quindicesimo anniversario della morte di Giovanni Sica, quell’antico maestro del ferro, divenuto scultore e pittore di fama internazionale, con officina propria in via Francesco Tedesco di Avellino. Giovanni Sica nacque il 26 novembre 1913 ad Avellino nel palazzo più antico d’uno storico quartiere della città. È stato uno dei maggiori maestri del Novecento.

Nel 1930, all’età di appena 17 anni circa, egli iniziò il suo apprendistato di artigiano presso l’officina del maestro Generoso Raffone, realizzando opere come il lucernaio in stile Liberty con vetri colorati nella volta del salone d’ingresso del Banco di Napoli in Piazza Libertà del capoluogo e come la ringhiera di scala e lampadari con draghi al Palazzo della prefettura di Avellino. Nel 1935 Raffone, per premiare la bravura del suo degno allievo, gli regalò la propria officina. Nel 1937 Sica si trasferì definitivamente con “bottega propria” in via Francesco Tedesco ai numeri civici 117-123 corrispondenti ai vani una volta adibiti “a stazione di posta che offriva ai carrettieri provenienti dalla Puglia un rifugio notturno ed un luogo di ristoro, prima di affrontare le lungaggini della non lontana Dogana” (Roberto Barbato). Nella sua bottega, divenuta poi storica, lavorò instancabilmente, senza mai sosta, fino all’ultimo giorno della sua vita ( la morte lo colse mentre era all’opera, alla veneranda età di ottantasette anni).

I concittadini ancora ricordano il grande “Crocifisso” posto, quasi a simbolo della sua arte, sull’uscio della bottega dove i passanti, commossi, erano soliti ammirarlo facendosi il segno della croce. Realizzò balconate, finestre, ringhiere di scala, lanterne, lampadari che decorano quasi tutti i palazzi pubblici e privati della città sorti dal dopoguerra in poi. E creò, in splendida solitudine, anche originali opere di scultura e pittura. Divennero famose le sculture a grandezza naturale; citiamo un “Pavone”, proprietà G. Borriello, che apre a ventaglio la sua spettacolare coda, o quell’imperioso “Gallo” donato ad un docente dell’Università di Napoli che aveva compiuto interessanti studi sul vaiolo, o un “Cavallo”, un “Pesce-sega”, una “Danzatrice”, un’“Acrobata”, un’“Arborescenza”, un “Veliero”, tutte  opere  di volta in volta esposte sull’uscio della bottega, quando non erano esposte nelle mostre nazionali.

Ricordiamo un gigantesco lampadario in ferro battuto in cui s’incastonano immagini in rame della “Via Crucis”, che si ammira  nella Chiesa Madre di Mirabella Eclano; nonché i busti in ferro di San Generoso e di Papa Giovanni XXIII raccolti nelle due nicchie laterali che fiancheggiamo il portale d’ingresso della  chiesa di San Generoso in via Francesco Tedesco, ad Avellino. Si ricordano soprattutto le splendide porte in bronzo della Cattedrale di Avellino, elogiate anche dall’ “Osservatore Romano”; la scala interna della Banca Popolare dell’Irpinia al Corso Vittorio Emanuele della città, che è un’autentica opera di alta ingegneria; la grande “Farfalla” al “Papillon Rouge” di Avellino; il “Veliero” nell’Hotel de la Ville della città e così via.

Nell’ampio giardino della propria villa al lago Laceno cinque sculture in ferro di gigantesche dimensioni svettano maestose nel cielo. Rimarrà indimenticabile, infine, l’imponente immagine di quella  famosa  “Aquila” in ferro battuto dalle ali spiegate che rappresentò l’artigianato campano a Napoli negli anni Cinquanta e nei decenni successivi (una foto ricordo immortala la presenza del presidente della Repubblica Segni accanto al maestro Sica alla mostra) e che fu tanto cara agli avellinesi che l’ammirarono esposta dinanzi all’uscio della bottega, insieme ad un gigantesco pavone e al già citato Crocifisso. Quell’aquila significò l’emblema, simbolico, dell’arte del ferro battuto dell’Italia del Novecento.

Ulteriori esempi della sua arte in ferro sono gli eleganti cancelli e le delicate inferriate della sede della Camera di Commercio di Avellino, le decorazioni delle tantissime cappelle del cimitero del capoluogo e della provincia con lavori artistici ispirati per lo più alla Via Crucis, ai simboli religiosi, con ghirigori, spirali, eleganti ed originali arabeschi, animali, frutti e fantastici draghi realistici o stilizzati  espressioni della vena immaginifica e dell’ estro creativo.

Da autodidatta si appassionò alla pittura fin dal 1950, imponendosi in Italia ed all’estero con il suo “espressionismo astratto” vagamente allusivo. Come pittore e scultore fu artista rivoluzionario che, insieme a Lucio Fontana, Alberto Burri, Afro, Capogrossi, Renato Barisani, Domenico Spinosa, Gianni Pisani e altri famosi artisti italiani, espose, conseguendo premi e riconoscimenti ufficiali, nelle più importati mostre che si tenevano sullo scacchiere nazionale fin dagli anni Cinquanta (quando la provincia era ancora addormentata rispetto ai grandi rivolgimenti culturali del Novecento) sino alla fine del secolo.

Il nominativo di Giovanni Sica è inserito nelle più importanti pubblicazioni di arte e di storia dell’arte contemporanea. Sue opere figurano in collezioni pubbliche e private, mentre altre decorano facciate o spazi pubblici. Si sono interessati di lui i maggiori critici d’arte di fama nazionale come Carlo Munari, Frano Russoli, Alberto Venditti, Giulio Carlo Argan, Marcello Venturoli, Carlo Barbieri, Alberto Schettini, Vincenzo Pacelli, Maurizio Fontana. Gli hanno dedicato ampi servizi giornalistici Antonio Aurigemma, Giuseppe Pisano, Gianni Festa, Roberto Barbato, Galante Colucci, Enzo Giordano, Pasquale Grasso, Marcello Venturoli, Carlo Barbieri.

Mostre e riconoscimenti

 

Aggiungi commento

Codice di sicurezza
Aggiorna

DG3 Dolciaria

Geoconsult

Condividi


www.puhua.net www.darongshu.cn www.fullwa.com www.poptunnel.com